Tcl alla conquista del mercato smartphone con Alcatel e BlackBerry

Marchi occidentali per l’azienda di Stato di Pechino, nata nel 1981 come clone delle cassette giapponesi TDK. Oggi è una potenza mondiale da 20 miliardi di dollari che produce telefoni smart ma anche televisori, tablet, lavatrici, frigoriferi, condizionatori d’aria

È uno dei luoghi più famosi di Hollywood: il “Grauman’s Chinese Theatre”, il cinema delle grandi anteprime che ospita le prime mattonelle con le impronte delle mani delle grandi star, proprio nel cuore della Mecca del cinema. Da tre anni però il cinema ha cambiato nome: si chiama “TCL Chinese Theatre”. Ne ha acquistato i diritti sul nome per cinque milioni di dollari il colosso cinese TCL. La sigla di questo colosso di stato cinese (nato però con il contributo di numerosi investitori di Hong Kong nel 1981) vuol dire “The Creative Life”, ma è un cambiamento di pelle recente, del 2014. A partire dal 1985 Tcl stava per ufficialmente per “Telephone Communication Limited”, anche se a Pechino e in tutta l’Asia era invece “True China Lion”.

Il “vero leone cinese” ha seguito una politica di acquisizioni che l’hanno fatto diventare il padrone dei marchi BlackBerry e Alcatel Mobile Phones: la strategia è quella di tornare a produrre apparecchi telefonici smart sfruttando l’avviamento di marchi conosciuti, con l’aggiunta però di nuove tecnologie. L’idea è che il pubblico internazionale si fidi di più di marchi occidentali e ben conosciuti che non di un anonimo marchio cinese. Strategia vincente: TCL ha già vinto numerosi premi di design per i suoi prodotti (incluso il premio iF dell’International Forum Design) ed è riuscita a calamitare l’attenzione degli osservatori. Quest’anno, ad esempio, tra le novità del Mobile World Congress che si apre in queste ore a Barcellona ci sono sia il suo atteso telefono Mercury a firma Blackberry che cinque nuovi smartphone a firma Alcatel attesi nelle prossime ore, oltre al già previsto Idol 5.

TCL ha un fatturato di quasi venti miliardi di dollari, più di 75mila dipendenti e controlla vaste aree di business: dal mercato dei televisori (avviato grazie alla partnership con la francese Thomson, poi riscattata nel 2003) a quello dei telefoni cellulari con la joint assieme ad Alcatel (Alcatel Mobile Phones, poi completamente riscattata nel 2005), sino all’acquisto del marchio Palm da HP e all’accordo con la canadese BlackBerry per produrre gli smartphone omonimi.

Le aree di business di TCL però non si fermano a questo. L’azienda ha nel suo DNA geni molto aggressivi: nel 1981 era stata nata per produrre nastrocassette con il nome TTK, chiaramente un clone della giapponese TDK (che poi la costrinse nel 1985 a cambiare nome in TCL, dopo una lunga causa legale) e fino al 2000 ha prodotto elettronica di consumo per il mercato cinese. In questo modo TLC è cresciuta diventando uno dei marchi più conosciuti in Cina, praticamente saturando il suo mercato. 

Dopo l’apertura internazionale del Paese, l’azienda ha deciso una strategia molto aggressiva anche verso l’estero. Oltre alle acquisizioni e alle joint venture nel luglio del 2003 il presidente Li Dongsheng ha ordinato l’avvio del “Piano del Dragone e della Tigre”. In pratica, ha diviso l’azienda in due attività commerciali internazionali in competizione tra di loro (i dragoni) e tre in competizione in Cina (le tigri). 

Il risultato della gara interna è stata una ulteriore accelerazione del business. Passando attraverso investimenti miliardari per sviluppare la ricerca su schermi Lcd e Led, ma anche accordi con il governo della zona economica speciale di Shenzen dove costruire una fabbrica da 3,9 miliardi di dollari, progettare televisori smart, investire in società di apparecchiature militari cinesi per le telecomunicazioni.

A oggi TCL è la più grande tra le aziende quasi del tutto sconosciute in Occidente che stanno cambiando la geografia del mercato tecnologico. Lo sanno bene i soprattutto i taiwanesi, oltre ai giapponesi e ai coreani, che da qualche anno cercano di spingere sull’internazionalizzazione dei propri marchi (come Asus e Acer) per differenziarsi nei gusti dei consumatori dalla marea che sta montando in Cina. La strategia di TCL, dunque, è la risposta cinese che mira a mettere fuori gioco il resto dell’Asia comprandosi la reputazione e la visibilità che le manca attraverso joint venture e scalate. Una guerra commerciale senza pietà in cui nomi storici come Alcatel Mobile Phones e BlackBerry sono solo pedine da muovere sulla scacchiera del commercio internazionale. Azioni di marketing, come il “TCL Chinese Theatre”.

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